Lunedì 16 Luglio 2012
+ Ecco come nasce un capolavoro
Aricolo comparso su "La voce di Romagna" il 16 luglio 2012

Vi siete mai chiesti come nasce un capolavoro teatrale? Un copione come riesce ad incontrare un regista che lo voglia rappresentare?
Come si riconosce la validità di un testo? Oggi proveremo a dare alcune risposte. Per incominciare vorrei introdurre i protagonisti della nostra storia: il copione (Byron), l'autore (Giovanni Spagnoli), il regista (Roberto Battistini), la Compagnia (Il Piccolo Teatro Città di Ravenna). Risultati: dieci mesi di prove, venti repliche, centosessanta minuti di applausi, commenti della critica più che lusinghieri, unico testo in dialetto romagnolo rappresentato all'interno di "Ravenna Festival".
In una brumosa giornata autunnale il regista Roberto Battistini trova sulla sua posta elettronica un copione: Byron, tre atti del commediografo Giovanni Spagnoli, a cui non era allegato alcun commento. Il regista lo legge ed è subito un colpo di fulmine.
Battistini da vero segugio intuisce subito che ciò che ha tra le mani rappresenta finalmente qualcosa di nuovo e di interessante. Il regista più leggeva i dialoghi e più l'ansia gli cresceva dentro. come rappresentare tante scene, come realizzare gli oltre cinquanta costumi d'epoca?
Roberto Battistini non si lascia spaventare dalle difficoltà e decide di provarci.
Per prima cosa verifica il numero delle persone disponibili, le loro capacità individuali le conosce già! Confronta le idee con uno scenografo, il professor Francesco Fiori: i loro incontri si faranno pressoché quotidiani fino ad appianare le difficoltà.
E i costumi? Era chiaro che questo era un aspetto che andava risolto "in casa" e così grazie all'entusiasmo e all'impegno di Vitaliana Pantini vengono disegnati quasi cinquanta costumi con relativi accessori. Una schiera di sarte coordinate dalla maestra di taglio Gabriella Ghirardelli fanno il resto.
Dopo avere individuata la squadra tecnica per la realizzazione della colonna sonora, lo studio degli effetti luce e l'organizzazione per il montaggio e lo smontaggio dello spettacolo, restavano ancora due problemi da risolvere: la scelta delle musiche e uno sponsor disposto a sostenere il progetto.
Sulle prime frullavano già per la testa del regista, per la ricerca del sostenitore è iniziato un lento peregrinare di ufficio in ufficio per illustrare i vari aspetti dell'iniziativa nella maniera più convincente possibile. E allora giù con "la necessità di mantenere vivo l'interesse per il nostro teatro in dialetto", "la particolarità del testo rispetto a certe consuetudini consolidate", "l'interesse che il testo avrebbe suscitato per i fatti narrati" e via dicendo.
E anche lo sponsor arriva! Allora, tutto ok? Non proprio perché tutti i soggetti erano stati interpellati separatamente ed ora si trattava di riunirli per dare il via al lavoro poiché, nel frattempo, "Ravenna Festival" aveva espresso il suo interesse a che il lavoro potesse essere inserito nel programma individuando anche una data: quella del debutto! La sera della prima prova la sala era affollata da cinquanta persone e Battistini riesce a far uscire tutto l'entusiasmo accumulato nella fase preparatoria e dopo aver promesso un periodo di lacrime e sangue prima della gratificazione, fa sciogliere gli attori in un grande applauso.
Qualche problema invece sorge nella distribuzione delle parti poiché si sa che il fatto di immedesimarsi subito in un personaggio appena incontrato capita a tutti, ma il regista ha il compito di distribuire anche qualche dispiacere.
Come si riconosce la validità di un testo? Oggi proveremo a dare alcune risposte. Per incominciare vorrei introdurre i protagonisti della nostra storia: il copione (Byron), l'autore (Giovanni Spagnoli), il regista (Roberto Battistini), la Compagnia (Il Piccolo Teatro Città di Ravenna). Risultati: dieci mesi di prove, venti repliche, centosessanta minuti di applausi, commenti della critica più che lusinghieri, unico testo in dialetto romagnolo rappresentato all'interno di "Ravenna Festival".
In una brumosa giornata autunnale il regista Roberto Battistini trova sulla sua posta elettronica un copione: Byron, tre atti del commediografo Giovanni Spagnoli, a cui non era allegato alcun commento. Il regista lo legge ed è subito un colpo di fulmine.
Battistini da vero segugio intuisce subito che ciò che ha tra le mani rappresenta finalmente qualcosa di nuovo e di interessante. Il regista più leggeva i dialoghi e più l'ansia gli cresceva dentro. come rappresentare tante scene, come realizzare gli oltre cinquanta costumi d'epoca?
Roberto Battistini non si lascia spaventare dalle difficoltà e decide di provarci.
Per prima cosa verifica il numero delle persone disponibili, le loro capacità individuali le conosce già! Confronta le idee con uno scenografo, il professor Francesco Fiori: i loro incontri si faranno pressoché quotidiani fino ad appianare le difficoltà.
E i costumi? Era chiaro che questo era un aspetto che andava risolto "in casa" e così grazie all'entusiasmo e all'impegno di Vitaliana Pantini vengono disegnati quasi cinquanta costumi con relativi accessori. Una schiera di sarte coordinate dalla maestra di taglio Gabriella Ghirardelli fanno il resto.
Dopo avere individuata la squadra tecnica per la realizzazione della colonna sonora, lo studio degli effetti luce e l'organizzazione per il montaggio e lo smontaggio dello spettacolo, restavano ancora due problemi da risolvere: la scelta delle musiche e uno sponsor disposto a sostenere il progetto.
Sulle prime frullavano già per la testa del regista, per la ricerca del sostenitore è iniziato un lento peregrinare di ufficio in ufficio per illustrare i vari aspetti dell'iniziativa nella maniera più convincente possibile. E allora giù con "la necessità di mantenere vivo l'interesse per il nostro teatro in dialetto", "la particolarità del testo rispetto a certe consuetudini consolidate", "l'interesse che il testo avrebbe suscitato per i fatti narrati" e via dicendo.
E anche lo sponsor arriva! Allora, tutto ok? Non proprio perché tutti i soggetti erano stati interpellati separatamente ed ora si trattava di riunirli per dare il via al lavoro poiché, nel frattempo, "Ravenna Festival" aveva espresso il suo interesse a che il lavoro potesse essere inserito nel programma individuando anche una data: quella del debutto! La sera della prima prova la sala era affollata da cinquanta persone e Battistini riesce a far uscire tutto l'entusiasmo accumulato nella fase preparatoria e dopo aver promesso un periodo di lacrime e sangue prima della gratificazione, fa sciogliere gli attori in un grande applauso.
Qualche problema invece sorge nella distribuzione delle parti poiché si sa che il fatto di immedesimarsi subito in un personaggio appena incontrato capita a tutti, ma il regista ha il compito di distribuire anche qualche dispiacere.